Morro Venere: la spiritualità della terra per scoprire uno dei volti della Sicilia autentica
Dalla vetta delle colline che da Cassaro arrivano al mare, il sole sembra ancora più vicino in questa terra che notoriamente ne è baciata per lunghi periodi durante l’anno. Il tavolato Ibleo con i paesi di Ferla, Sortino, Buccheri, Buscemi, Carlentini e Palazzolo Acreide, accompagna il visitatore in luoghi che hanno avuto nei secoli un ruolo di primaria importanza per capacità di generare suggestioni e proiettare miti. Il succedersi dei Siculi, antica popolazione indigena della Sicilia, dei Greci che sulle coste orientali sono approdati a partire dall’VIII secolo a.c. e di tutte le altre popolazioni che hanno fatto tappa in queste terre uniche, ha lasciato tracce architettoniche e, soprattutto, culturali di un passato che ha arricchito il territorio dei monti iblei di attrattive che non hanno eguali.
Il teatro greco di Palazzolo Acreide e alcuni mulini risalenti allo stesso periodo, fanno da apripista al mondo arcaico che si sviluppa lungo il corso dei fiumi Anapo e Calcinara e che culmina in uno dei più importanti siti protostorici della Sicilia, di cui la zona di Pantalica è la parte più importante.
La sua necropoli, protetta anche dall’Unesco, colpisce il visitatore per il suo fascino mistico rimasto intatto nei secoli. Il susseguirsi di tombe, grotte utilizzate come abitazioni, santuari scavati nella roccia bianca e il fondo di una valle, solcata dall’Anapo, paradiso di piante che sono divenute endemiche, offrono un itinerario naturalistico e antropologico unico nel suo genere.
Questo viaggio di scoperta è iniziato dopo il nostro incontro con Paolo Fisicaro, titolare insieme alla moglie Daniela dell’Azienda Agricola Morro Venere, durante il Mercato dei Vini dei Vignaioli Fivi di Piacenza. In quell’occasione, Paolo ci aveva letteralmente trasportato con la mente verso le bellezze di questa terra, parlandoci della pace che si respira sull’altipiano che accompagna lo sguardo verso l’orizzonte. I raggi del sole, adagiandosi sulla roccia bianca, inebriano la vista con una luce che ispira la calma e la riflessione in chi percorre le decine di sentieri che attraversano queste colline e che, in alcuni punti, si trasformano in veri e propri canyon.
Figlio di agricoltori, Paolo ha dato corpo al suo progetto di viticoltura tra il 2006 e il 2008. Un progetto che è cresciuto e che lo ha appassionato dal momento in cui ha capito che il vino è un motore e interprete formidabile del territorio. Dopo aver portato avanti, in contemporanea, il progetto dell’Agriturismo Porta Pantalica e fatto anche il casaro, ha deciso di dedicarsi in via preminente alla vigna e alla cantina, continuando a dedicarsi con passione anche alle escursioni, Paolo è anche guida naturalistica. “La mia è una piccola realtà vitivinicola, come tante nate in zona in questi ultimi quindici anni, una delle poche che, oltre a produrre, imbottiglia” ci dice Paolo a proposito delle realtà che hanno dedicato attenzione alla vigna, a partire da piccoli appezzamenti destinati alla produzione di uva da conferire a terzi, con l’obiettivo principale di fare quantità.
L’azienda, situata tra le zone del monte Grosso, Santa Venere e il monte Lauro, si estende su circa un ettaro e mezzo e attualmente realizza una produzione annua di circa 8.000 bottiglie. Una realtà piccola, con una minuscola cantina: “ho iniziato a imbottigliare vino nel 2014, con la voglia di tirare fuori dal vino una personalità che richiamasse il nostro territorio, una piccolissima cantina, dove faccio tutto io, con affinamento in solo acciaio per il frappato e in acciaio e botte per gli altri vini” ci dice Paolo convinto che valorizzare tutto il percorso del vino, dalla vigna alla cantina, può essere un volano straordinario per un luogo dove la fertilità del suolo e il microclima creano un ambiente ideale per il vino. La sua sensibilità per il vino cresce ancor più dopo aver fatto, nel 2010, il corso da Sommelier con l’Ais. Un’esperienza che lo comincia a mettere in connessione con tanti altri vini, e poi con tanti altri produttori: “fare rete è fondamentale, ci sono zone d’Italia dove c’è un confronto continuo tra produttori, questo aiuta tantissimo a migliorarsi e crescere in esperienza diventa più semplice. Tutti sono in contatto e gli esperimenti di un produttore possono diventare valore per tutti”. Essendo unico imbottigliatore nella sua zona, attualmente Paolo trova il confronto con i viticoltori della zona di Pachino o di Vittoria.
I suoi vini cominciano a suscitare l’attenzione di altri viticultori della zona, incuriositi dalla struttura e dai profumi degli stessi: “mi chiedono come riesco a fare questi vini, e io cerco di spiegare qual è la mia esperienza e ciò che faccio”. D’altronde Paolo potrebbe essere, per il suo territorio, il punto a cui altri si possono appoggiare per far crescere un vero comprensorio vitivinicolo dedito alla produzione di vini da imbottigliamento. Tra i suoi vini ricordiamo il Morro, ottenuto a partire uve provenienti da vitigni giovani di Nero d’Avola, un vino austero e corposo; il Cirasa ottenuto da uve Frappato, vino profumato e leggero, e lo Scaletta, che prende il nome dalla contrada omonima, ottenuto da uve Nerello Mascalese, dal colore chiaro rispetto al Nero d’Avola, re dell’Etna.
Giunti al termine di questa chiacchierata, il percorso di immagini propostoci da Paolo riprende forma: “mentre vi parlo sono a Cassaro e sto gustando il tramonto del sole alla fine della giornata. I suoi raggi si infrangono sulla pietra bianca creando un’atmosfera nella quale noi stessi sembriamo sospesi”. La luna sarà particolarmente visibile e grande, ci sarà la superluna, una notte di festa nell’antica cultura greca. Ritornano in me le immagini di quando abbiamo conosciuto Paolo. Ci sono i colori della notte ora, con un’umidità che sale con lo scendere della temperatura, un alone di vapore esce dalla bocca di Paolo che ora si avvia verso casa. Cassaro sembra quasi un presepe, in questa notte d’inverno mite.
Quando ci stiamo per salutare ci dice: “mi sembra di rivivere l’atmosfera creatasi qualche tempo fa durante le manifestazioni dei Teatri di Paglia”. Non conosco ciò di cui mi parla e lo incalzo, lui è restio ma poi cede alle domande: “per qualche tempo, proprio sul promontorio – la terrazza chiamata l’Angolo del Silenzio che a picco si affaccia sul fiume Anapo – abbiamo organizzato delle serate nelle quali i musicisti si sono esibiti suonando, al tramonto, i loro strumenti (Ferla Rassegna Lhitos 2008, https://youtu.be/4SWdqjV5KlY ). La particolare conformazione della vallata e la costituzione delle rocce calcaree, assorbono i suoni restituendoli più lenti e profondi. Si crea un’atmosfera unica, che mette in circolo sensazioni che accrescono il carico emotivo se si pensa alle decine di porte di tombe che puntellano la collina, con il suono che fa da richiamo a queste anime che vagano in cerca di pace. In una di queste serate ci è capitato davvero un fatto insolito. Una ragazza, appassionata di fotografia, ha scattato delle foto e su queste sono comparse delle sagome, una visione di alcune figure che ricordavano le anime di chi ha vissuto millenni addietro in questa zona, comparse nella foto scattate dopo che il teatro si era svuotato. Così l’immagine di una persona avvolta nel fuoco, catturata dall’obiettivo della macchina fotografica, ci ha riportato verso la parte più spirituale di chi ci ha preceduto. Un’esperienza che in questo momento crea in me un brivido che mi proietta con la mente verso quegli istanti”. Frutto dell’immaginazione o realtà apparente, devo dire che siamo molto dispiaciuti di non essere lì con lui, per godere di quel brivido che solo una terra magica come la Sicilia può generare.
In azienda è iniziato il percorso di conversione al biologico. A Morro Venere si produce anche olio extravergine ottenuto dalla molitura della Tonda Iblea. Sono possibili visite in cantina e in vigna, che ben potrebbero collegarsi alle escursioni del territorio, arricchito anche dalle meraviglie della Val di Noto e Siracusa.
Grazie Paolo, grazie Azienda Agricola Morro Venere, grazie Cassaro!
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